sabato 29 marzo 2014

La posizione degli aggettivi

 
La struttura della frase in italiano prevede che gli elementi informativi nuovi che via via si aggiungono nel formulare un discorso siano collocati a destra, cioè seguano gli elementi cui si riferiscono.
Quest'ordine naturale è spesso modificato per mettere in rilievo l'elemento che si vuole evidenziare all'attenzione dell'interlocutore, per cui sono ricorrenti, e del tutto corrette, frasi del tipo "bello, il vestito che ti sei comprata" (in cui l'ordine non marcato avrebbe previsto la frase "il vestito che ti sei comprata è bello"), oppure "Alessio, l'ho visto ieri sera" (in cui il complemento oggetto che, normalmente, segue il predicato verbale, è anticipato); l'ordine "normale" dei costituenti della frase può poi subire variazioni per motivazioni stilistiche (si pensi alla lingua poetica) di chi parla o scrive: gli occhi neri diventano senza dubbio più affascinanti e suggestivi se li definisco i neri occhi. Nel caso della sequenza «nome + aggettivo qualificativo» la posizione "normale", quindi informativamente neutra, è quella che prevede l'aggettivo posposto rispetto al nome. Per gli aggettivi che prevedono la reggenza di un complemento la posizione è obbligatoriamente postnominale: ad esempio un cane fedele al padrone (e non *un fedele cane al padrone).
 
Per spiegare la variabilità nella collocazione dei diversi aggettivi qualificativi è necessario introdurre il criterio semantico della maggiore o minore oggettività dell'aggettivo qualificativo: tanto più la qualità espressa dall'aggettivo è oggettiva (ad esempio i colori, gli stati fisici, ecc.) tanto più la posizione dell'aggettivo è fissa, mentre all'aumentare della soggettività, quindi con aggettivi che esprimono apprezzamenti e considerazioni del parlante, la mobilità aumenta. Un altro aspetto da tenere presente è il grado di novità informativa che introduce l'aggettivo: tanto più un aggettivo risulta prevedibile rispetto ad un nome, cioè ribadisce un tratto contenuto nella semantica del nome senza aggiungere informazione nuova, tanto più potrà essere frequente la posizione prenominale: "il vasto oceano", "la calda estate" ecc.
 
Tra gli aggettivi qualificativi non verificabili secondo un criterio assoluto, quindi suscettibili di un intervento valutativo da parte del parlante, possiamo analizzarne alcuni, molto ricorrenti nell'uso, legati a caratteristiche fisiche e soggetti ad usi traslati (in relazione naturalmente anche al significato del sostantivo cui si riferiscono): alto, vecchio, nuovo, bello, buono. Tutti questi aggettivi mantengono il loro significato "fisico" quando seguano il nome cui si riferiscono per cui un dirigente alto è un 'uomo alto di statura che svolge una mansione dirigenziale', mentre un alto dirigente è 'un uomo che ricopre un carica dirigenziale di alto livello' (e anche qui si noti, alto livello e non livello alto); se un amico vecchio è un 'amico di età avanzata', un vecchio amico è 'un amico che conosco da molto tempo' ma non necessariamente anziano; se compro un'auto nuova significa che compro 'un'auto appena uscita di fabbrica, non usata', mentre se compro una nuova auto è possibile che mi riferisca al fatto che avevo un'auto e ne ho comprata un'altra; un buon insegnante cioè 'un insegnante capace' non necessariamente sarà anche un insegnante buono. L'aggettivo bello, oltre a comportarsi come gli altri fin qui esemplificati per cui un artista bello ('di aspetto gradevole') non è detto che sia un bell'artista (cioè 'un artista di valore'), si è fissato in posizione prenominale in molti cliché, come la bella vita per indicare 'la vita spensierata', il bel mondo cioè 'gli ambienti altolocati', il bel sesso 'le donne', ecc.
In sostanza la posizione dell'aggettivo qualificativo può determinarne la diversa funzione: mantiene funzione descrittiva quando preceda il nome, mentre assume una valenza restrittiva quando sia posposto: le vecchie scarpe sono state buttate via non equivale a le scarpe vecchie sono state buttate via perché nel secondo caso è implicita una cernita tra scarpe più o meno vecchie e una scelta. La stessa distinzione possiamo notare in ho conosciuto il giovane insegnante di mia figlia e ho conosciuto l'insegnante giovane di mia figlia (che presuppone che ci sia un insegnante meno giovane che già conoscevo).
 
 
 
 
 
 
 
 

sabato 22 marzo 2014

Perché si dice "avere le corna"?


L'espressione "avere le corna" o più semplicemente l'espressione "cornuto", accompagnata dal classico gesto delle corna, oltre ad essere una delle offese più comuni, è spesso utilizzata per indicare qualcuno che è stato tradito.
 
L'origine di questo modo di dire trova le proprie radici nella mitologia.
Si narra infatti che, nell'isola di Creta, la regina Pasifae, moglie del Re Minosse, fosse molto restia ad avere rapporti sessuali.
 
Fu così punita da Afrodite, Dea dell'amore, che la rese totalmente dipendente del sesso, praticamente una ninfomane.
 
Dopo essere stata allontanata dal marito Minosse, preoccupato di perdere la corona, in una zona sperduta ed incolta di Creta, pur di soddisfare il suo bisogno si invaghì di un toro e pur di consumare l'atto chiese a Dedalo di costruirle una struttura a forma di mucca.
 
Dalla loro unione nacque il famoso Minotauro e contestualmente l'abitudine degli abitanti dell'isola di salutare Minosse con il gesto della corna, per ricordargli che era stato tradito anche con un toro.
 
 
 
 
 
 
 

sabato 15 marzo 2014

Perché si dice "FARE LA SCARPETTA"?

 
Perché si dice “fare la scarpetta” intendendo pulire con un pezzo di pane quel che resta nel piatto?
 
Diamo subito la definizione della colorita locuzione, traendola dal Dizionario Treccani online (s.v. scarpetta): «raccogliere il sugo rimasto nel piatto passandovi un pezzetto di pane infilzato nella forchetta, o più comunemente tenuto tra le dita».
Ciò detto, l’origine dell’espressione non è trasparente. C’è chi pensa che, in quest’accezione, scarpetta rimandi a un tipo di pasta alimentare di forma concava, che avrebbe favorito perciò la raccolta del sugo residuo nella scodella o nel piatto. Altri ritengono che, per via del gesto sì famigliare ma ritenuto poco elegante designato dall’espressione, ci si rifaccia figuratamente all’oggetto scarpetta, scarpa leggera e flessibile, per alludere a un’azione da “morto di fame”.
Il GDLI dà il 1987 come data di prima attestazione della locuzione nell’italiano scritto.
 
 
 
 
 
 
 
 

sabato 8 marzo 2014

Perché si dice "fare un brindisi"?

 
Quando si dice "fare un brindisi" per indicare l'azione di alzare i calici prima di bere, augurando fortuna o festeggiando un avvenimento, ci si rifà ad un modo di dire che trae origine dalla lingua e dalla tradizione germanica. La parola brindisi è un termine derivato dalla frase tedesca "bring dir’s" che letteralmente significa "lo porto a te", intendendo "porto a te il bicchiere, bevo alla tua salute".
Un'altra formula utilizzata per accompagnare l'alzata dei calici è "Prosit!" che però nel tempo ha perso un po' di popolarità. Prosit, in latino, significa letteralmente “sia di giovamento” (è la terza persona singolare del congiuntivo presente del verbo latino prodesse, ossia giovare). Un tempo era la formula augurale che si faceva al sacerdote che tornava in sacrestia dopo la celebrazione della Messa.
 
 
 
 
 
 
 
 

sabato 1 marzo 2014

TUTTO OK???

 
Qual è il significato della parola "OK"?

La parola O.K. è la parola probabilmente più pronunciata in tutto il mondo, e come tutti sanno ha avuto origini americane.
Esistono varie interpretazioni sul suo significato per esteso:

- la prima interpretazione sta a significare "0 killed" che vuol dire che nessun soldato è stato ucciso e quindi la battaglia si è risolta con un successo.

-i noltre potrebbe essere l'abbreviazione della parola greca "olla kalla" che significa "va tutto bene".

- nel 1839, Allan Walker Read dimostrò che il significato dell'espressione O.K. risiede in un gioco di parole. Infatti a Boston durante gli anni '30 del diciannovesimo secolo era molto in voga nei giornali ridurre una frase con le sue iniziali e spiegarne di seguito il senso tra parentesi.
A volte le iniziali erano scritte in modo sgrammaticato per rendere la cosa più umoristica.
La parola O.K. fu usata per la prima volta nel marzo del 1839, come sigla di "all correct" (tutto a posto, tutto corretto), un gioco di parole perché né la O né la K erano corrette. (ne sarebbe risultata la frase "oll korrect", che ha la stessa pronuncia di quella giusta ma scritta in modo sbagliato).

- l'origine potrebbe derivare anche dalla campagna delle reelezioni del presidente Martin Van Buren, avvenuta nel 1840.
Dato che era nato a Kinderhook, in provincia di New York, il presidente fu soprannominato "Old Kinderhook", e l'abbreviazione O.K. fu utilizzata largamente nei suoi slogan politici.
Presto, nello stesso anno, un editoriale prese riferimento da una spilletta con su scritto O.K. utilizzata nella campagna elettorale e commentò dicendo che chiunque le avrebbe indossate avrebbe dovuto lavorare duramente per rendere le cose "all correct", per renderle tutte O.K.




COSA NE PENSATE?