lunedì 3 giugno 2013

REPORT SULL'APPRENDIMENTO (1)


 
Premessa
Il seguente report vuole essere una breve panoramica, o una raccolta di spunti, sulla tematica dell'apprendimento delle lingue. Meglio, su alcuni metodi poco "conosciuti" ma che secondo diversi appassionati e studiosi sarebbero più efficaci in quanto più in linea con il metodo d'apprendimento del cervello stesso.
Per esempio, verranno presentati i metodi TPR e TPRS, l'importanza dell'input, dell'ascolto e dell'apprendimento naturale nello "studio" delle lingue straniere.
Nel report vi sarà anche una lista di siti utili ed una possibile applicazione nel campo delle tecniche di memoria che abbiamo visto su http://www.imparareadimparare.com
 

Studiare ed Apprendere
Prima di iniziare a parlare delle lingue è meglio parlare della differenza esistente tra "studiare" ed "apprendere", che è poi il motivo per il quale, nella premessa a questo report, ho messo tra virgolette il termine "studio": spesso si associano a questo verbo sensazioni negative come noia,  pesantezza, fastidio, ma specie in alcuni campi, come quello della linguistica, si può parlare più che altro di apprendimento. Il linguaggio è qualcosa di eminentemente umano, e dunque vitale. Come tale, va vissuto, più che studiato. O almeno imparato. E "imparare" credo sia un verbo meno legato alla noia ed al tavolo, e più al gioco, alla curiosità, al progresso.
Per iniziare il nostro "pre viaggio" nel mondo dell'apprendimento è forse il caso di partire dalle basi, dai termini, dall'etimologia.
 

Cosa significa apprendere?
Vorrei quindi far qui un'analisi, o meglio, un raffronto. Mettere in scena un incontro tra due termini. Apprendere e studiare.
Studiare ed apprendere: sono parole interessanti. Così simili e così diverse.
 
"I piaceri che derivano dal contemplare e dall'apprendere fanno sì che si contempli e si apprenda ancor di più", (Aristotele)
 
"Studiare" significa qualcosa come "applicare il proprio ingegno per imparare qualcosa col sussidio di libri, di maestri, di esercizi e simili", oppure "riferito al proprio comportamento, controllare con molta attenzione o anche con troppa ricercatezza". Deriva da Studium, stud-ère, sta per sollecitare, sforzarsi di fare, esaminare con diligenza, ingegnarsi. Tant'è che in spagnolo suona più direttamente come "esforzarse" o "examinar". La cosa però interessante è che i contrari di "studiare" suonano come: concretizzare, attuare, realizzare, eseguire, mettere in pratica...
"Apprendere" deriva invece da "Apprehèndere", e prehèndere, quindi afferrare, prendere, impossesarsi. Afferrare con la mente. E ancora conquistare, digerire, predicare... ruota intorno al francese apprendre, il learning inglese (get to know) e amaestrado e aprender spagnolo. Il contrario, molto più direttamente, suona come ignorare, disimparare, disassuefarsi (sì, apprendere e imparare sono gesti assuefacenti, una droga)...  Notate qualcosa di interessante? Io sì...
In effetti è proprio guardando i contrari di "studiare" che si capisce meglio cosa significa. Non mettere in pratica, non realizzare, cercare un'astrazione nello sforzo. Astrazione che, in modo singolare, si attua generalmente in alcuni luoghi chiamati scuole (scholè) che indicano etimologicamente ozio, riposarsi, aver tempo di occuparsi di qualcosa per divertimento. Ma il divertimento in genere non è uno sforzo, un combattere, un esaminare... Più direttamente trovo interessante che la definizione in questione dia ampi suggerimenti di cosa sia diventato lo studio istituzionale: uno sforzo per prepararsi a... superare degli esami. La scuola non può che preparare ad altre scuole, a superare altri test. Lungi da me pensare che la scuola e lo studio debbano fornire solo delle skills con le quali svendersi più facilmente alle aziende. L'una è una prassi troppo italiota, l'altra troppo americana. Ma sarebbe bello se si riuscisse a sostituire spesso la parola "studiare" con la parola "apprendere". V'è dentro più mistero, più fascino, più gestualità e più pratica. Forse anche una maggior libertà: un'approssimarsi alla scoperta della conoscenza senza il peso e la costrizione della sedia e del tavolino. Senza l'indottrinamento scolastico, perché posso sforzarmi di pensare come qualcun altro, come il maestro mi insegna, ma non posso conquistare, drogarmi di qualcosa per conto terzi.
Credo che nella parola "apprendere" ci sia anche il piacere che ne deriva o, semplicemente, il piacere di fare qualcosa che ci intriga e che, quindi, ci fa apprendere...
Si studia la tabellina ma si apprende a fare i calcoli. Si studia la forma della bici ma si impara, si apprende ad andare in bicicletta. Si studia la grammatica ma si impara\apprende a comunicare in un'altra lingua. Sarebbe intrigante trovare una coerenza tra il sapere ed il saper fare, e sto ormai convincendomi che l'indipendenza, la stravaganza ed il mistero contenuti nella parola "apprendimento" possano esserne una fonte.
 
"Dev'essere proposito eguale dell'insegnante e del discepolo: che uno voglia giovare e l'altro apprendere", (Seneca)
 
 

(continua...)
 

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