lunedì 24 giugno 2013

REPORT SULL'APPRENDIMENTO (4)


Fil Rouge
In genere, quando si parla di metodi di studio ed apprendimento, il re dei consigli consta nel "leggi e ripeti, sottolinea, prendi appunti".
Se poi si va a tentar di motivare il perché di quel consiglio, addio. Il massimo ottenibile è un "perché io faccio così". Eppure il cervello lavora in tutt'altro modo, è più fantasioso, ha bisogno di creatività e di emozione, di "linkare" l'emisfero destro (creativo) con quello (logico) sinistro. Cerca emozioni, stimoli, interessi. Si sottovaluta allo stesso modo la parte inconscia del cervello, capace di apprendere quasi istintivamente senza che ce ne rendiamo davvero conto. Eppure, quando si tratta di scrivere, digitare al computer, guidare, andare in bici sappiamo bene come funziona: si impara provando, compiendo inizialmente uno sforzo conscio, per poi memorizzare ed imparare i passaggi base, facendoli e ripetendoli senza neppure pensarci, anche perché altrimenti ci metteremmo troppo.
Provate ad immaginarlo: "Ora devo mettere la terza, sono in seconda. Ok, lascio lentamente il piede destro dall'acceleratore, intanto schiaccio un poco col sinistro sulla frizione, con la mano destra muovo il pomello della marcia effettuando un movimento a destra e poi in alto, quindi rilascio il piede sinistro per premere col piede destro, mentre la sinistra rimane sul volante e continuo a guardare la strada..." e intanto probabilmente la macchina s'è spenta e vi suona dietro una fila che va da Milano a Roma.
Come vedete non funziona così, ma semplicemente c'è una connessione netta tra i vari tipi di memoria e l'apprendimento: si passa dallo sforzo conscio, della memoria semantica a quello inconscio della memoria procedurale, quando l'informazione che sta alla base del materiale appreso passa dall'archivio a memoria breve a quella a lungo termine.
 
 
Anche per le lingue...
La parte inconscia è decisamente maggiore di quanto si pensi, ed è estremamente sottovalutata. Anche qui il passo essenziale è pensare senza sforzo nella lingua target e non analizzare ogni propria parola, vocabolo, traduzione e forma grammaticale prima di parlare: altrimenti magari non sbagliamo, ma creiamo lo stesso tipo di fila che se guidassimo "consciamente" la macchina, e il nostro interlocutore probabilmente sarà già a Roma mentre noi siamo ancora a Milano.
Già avevo detto quanto, invece dell'elaborazione conscia della forma grammaticale, possa essere più utile focalizzarsi sull'input, ascolto, contenuti interessanti e così via... Qui vorrei avanzare nello stesso argomento, sullo stesso sentiero, presentando due tecniche similari che si basano proprio su un diverso modo (dal classico) tramite il quale il cervello intende, e focalizzando l'apprendere sui contenuti, sugli interessi, sulle storie.
 
 
TPR, TPRS
TPR sta per total physical response, è utile soprattutto agli inizi (livelli base) e sostituisce la traduzione delle parole ad una "conversione in azione", che rende il tutto più immediato, giocoso, e aiuta a pensare in lingua, appunto. È un metodo pratico sviluppato da James Asher basato su ordini, o istruzioni che un insegnante può dare e mostrare agli allievi, per "mostrare" le parole, le forme e le azioni corrispettive. Come se la lingua andasse in scena a teatro. O come se si giocasse ad un vecchio gioco per bambini: "Simon dice"... dove a questa formula d'avvio (Simon dice, appunto) gli altri devono seguire i suoi ordini e per esempio saltare se "Simon dice: <saltate in aria>, sedersi se Simon dice <sedetevi> e così via.
TPRS, Teaching Proficiency through Reading and Storytelling. Evoluzione del metodo di prima, sviluppato da Blaine Ray, credo sia invece più adeguato per un livello conoscitivo intermedio, e si basa invece che sui gesti e sulle azioni, sulle storie. Racconti ed intrecci semplici (e non) la cui funzione è acquistare familiarità con la lingua target, tramite risposta a varie domande sul contenuto della storia, l'ascolto della medesima, l'interazione e la creazione interattiva. 
 
 
La base teorica... Natural language acquisition
Entrambi i metodi si basano sugli studi e le teorie (tra gli altri) di Stephen Krashen, (Natural language acquisition) riguardanti l'acquisizione in modo naturale non solo della prima lingua (madre) ma anche della seconda (target). In breve, Krashen parla di due differenti metodi per apprendere le lingue:
1) Studiare: ossia analizzare la grammatica coscientemente, studiare i vocaboli, ripetere le coniugazioni e correggere gli errori, oppure
2) Acquisione: (io lo chiamerei semplicemente apprendere) che si basa invece sull'immersione linguistica, sulla capacità dell'inconscio (come accade per esempio nelle relazioni tra memoria e sogni), sulla lettura estensiva di input interessanti e progressivamente comprensibili.
Va da sè che in questa teoria l'unico approccio realmente efficace sia il secondo, basato proprio sull'acquisizione "naturale" del linguaggio, in base alla ricerca di contenuti interessanti, lettura estensiva - ossia quando si legge per il piacere di farlo, e non per analizzare il testo – e apprendimento inconscio. Il che non vuol dire che si apprenda senza far niente, è necessario l'impegno, il tempo, e l'abitudine, ma significa che si utilizzano tutte le abilità del cervello e della persona umana. Questa teoria si basa inoltre sul fatto che nell'insegnamento ci sia un'inversione delle parti, dei tempi: si sostiene "classicamente" che si debba prima imparare la grammatica, le strutture ed i tempi, poi leggere qualcosa d'interessante.
Krashen invece sostiene proprio il contrario: bisognerebbe partire dalla lettura, ascolto di materiale semplice ed interessante (magari partendo da fiabe o libri per bambini), e imparare in esso, principalmente inconsciamente, le formule e la grammatica, poi, casomai, una volta recepite le basi leggendo ed ascoltando (e giocando), si potrà con più facilità e meno noia spulciare le regole grammaticali del caso per migliorare la nostra esposizione, memorizzandole peraltro più facilmente, e senza la noia e le difficoltà che avremmo normalmente. In sostanza, questo significa che un input adeguato serve a produrre (ad imparare) un output corrispondente. Questo anche perché nell'apprendimento interviene un "filtro affettivo", ossia, molto semplicemente, se ci annoiamo o ci troviamo in difficoltà cercando di migliorarci (pensando magari più ai test che non alla nostra progressione nelle lingue) finiremo anche per bloccare il nostro cammino intellettuale, come è ovvio che sia.



 
(continua...)
 

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